Gianguir, Vienna, van Ghelen, 1724

 ATTO PRIMO
 
 Anfiteatro nella gran piazza di Agra, tutto di drappi indiani nobilmente addobbato. Le due estremità nella facciata restano congiunte al di sopra da un arco trionfale. Due porte minori veggonsi chiuse ai due fianchi estremi di esso. Alla parte destra sta eretto il trono imperiale, cui fa ornamento e riparo dai raggi del sole ricchissima ombrella d’oro, da cui pendono frange e campanelli dello stesso metallo. Nel fondo di esso scorgesi una parte del Mahal o sia del palazzo imperiale.
 
 SCENA PRIMA
 
 ZAMA, COSROVIO e MAHOBET, tutti col loro seguito
 
 ZAMA
 Al mio sposo e signor che a noi sen riede,
 più che d’ostri, di lauri adorno il crine,
 mi affretta il suo comando e l’amor mio.
 Tosto, o servi, il più ricco
5palanchin mi si appresti; e tu che a parte (Partono otto schiavi indiani)
 sei di sue glorie, o Mahobet invitto,
 a me qui espon suoi chiari gesti.
 COSROVIO
                                                             Io pure
 del felice sultan ne’ grandi acquisti
 onorerò la tua virtute, o duce.
 MAHOBET
10Poiché sovra le torri
 di Kandahar le trionfali insegne
 alzò il possente regnator de’ Persi,
 scese ne l’Indostan, qual rovinoso
 torrente. A la gran piena
15Gianguir si oppose; il corso
 ne arrestò, ne rispinse. Al primo giogo
 Kandahar ricaduta e sotto il nostro
 acciar cresciuto fora
 il nemico terren d’ossa e di stragi;
20ma...
 COSROVIO
             Chi tarpò della vittoria i vanni?
 ZAMA
 E chi repente il mio Gianguir mi rese?
 MAHOBET
 Chi? Lo dirò, le interne
 risse tra’ suoi più cari. A lui fu d’uopo
 trascurare il trionfo e quasi a forza,
25al nemico anche vinto offrir la pace.
 Ei riede; e la sua vista
 o in dover riporrà le torbid’alme
 o farà sbigottir le più ostinate. (Vengono gli otto schiavi, portando sopra le spalle il real palanchino, e poi Io depongono alquanto addietro, fermandovisi d’intorno in atto di aspettare la regina)
 ZAMA
 In me dal suo ritorno altro non sorge
30senso che di piacer. Già a lui mi chiama
 il dover che l’onora e ’l cor che l’ama.
 
    Con più gioia e con più gloria
 nel mio sposo abbraccerò
 e l’amante e ’l vincitor.
 
35   E più bello il rivedrò
 de l’illustre sua vittoria
 ne l’amabile splendor. (Entra nel palanchino e condottavi da’ suoi schiavi parte, tolta in mezzo dalle sue guardie, due delle quali la copriranno dal sole con due ombrelle d’oro che sosterranno ai due lati del palanchino)
 
 SCENA II
 
 COSROVIO e MAHOBET
 
 COSROVIO
 Lieto or t’abbraccio, amico.
 MAHOBET
                                                    Amico e servo,
 purché tu sia al mio re suddito e figlio.
 COSROVIO
40L’impostura al suo cor s’apre in mio danno
 troppo facile accesso.
 MAHOBET
 Fosse così. Ma a che lasciar repente
 di Bengala il governo?
 E qui trar numerose aste e bandiere?
 COSROVIO
45A che? Attender dovea che da le insidie
 di Asaf e Zama a me di man divelto
 scettro fosse che è mio?
 MAHOBET
                                              Tuo, vivo il padre?
 COSROVIO
 Sì, Mahobet. Già stanca
 è la mia sofferenza. Il re son io.
50Contro Akebar, di cui
 re più grande e miglior l’India non ebbe,
 Gianguir, figlio rubel, pugnò e fu vinto.
 MAHOBET
 Perdon ne ottenne ed emendò il suo fallo.
 COSROVIO
 No. Akebar pria dal core e poi, morendo,
55da l’impero lo escluse e le ragioni
 in me ne trasferì. Mio è questo soglio;
 e Gianguir, che mi è padre, è un mio vassallo.
 MAHOBET
 Segui; e risponderò.
 COSROVIO
                                        Già del mio dono
 si abusa e me qual schiavo insulta e preme.
 MAHOBET
60Odo i lamenti e non ancor le accuse.
 COSROVIO
 Sai che in comun sciagura egli di Zama
 si accese, in Persia nata e di vil sangue.
 MAHOBET
 Ma degna per virtù del regio letto.
 COSROVIO
 Siasi; ma in me non pensi
65stender le sue conquiste. Ella instigata
 dal fiero Asaf, pretende
 o me sposo a Miraca, ignobil germe
 de’ suoi primi sponsali, o la corona,
 la corona che è mia, con la sua mano
70minaccia in dote al mio minor germano.
 MAHOBET
 Perversa legge!
 COSROVIO
                               A l’abborrite nozze
 vuoi ch’io stenda la destra? O che infingardo
 mi lasci?... Ah! Non fia ver. Sosterrò forte
 l’onor del sangue e la ragion del trono,
75che di Akebar il successore io sono.
 MAHOBET
 Migliori e più beati
 quanto i prenci sarien, se udisser sempre
 il vero o meno lor piacesse il falso!
 Degna del tuo rifiuto
80è la figlia di Zama. In ciò mia fede
 l’onte non sosterrà del regio erede.
 Ma di certe lusinghe al dolce incanto
 chiudi, o sultan, l’udito.
 Gianguir è ’l tuo, non men signor, che padre.
85La natura e le leggi
 Akebar rispettò. L’orror del fallo
 miglior li rese il figlio; e in lui, morendo,
 lasciò al Mogol con pace un degno erede.
 Chi diverso ti parla è iniquo e mente
90in tuo danno o in suo pro. Fuggi la falsa
 turba, peste de’ regni e de’ regnanti.
 Ascolta il tuo dover. Per te rubello
 l’ire infauste sarien, l’armi infelici;
 ed il primo io sarei de’ tuoi nemici.
 
95   Corre a perdersi chi prende
 per sua guida un cieco sdegno,
 qual chi lascia il fral suo legno
 in balia di vento e d’onda.
 
    Cieco egli erra e a perder terra
100il suo stesso impeto il mena;
 e alfin trova infausta arena,
 dove crede amica sponda.
 
 SCENA III
 
 SEMIRA e COSROVIO
 
 SEMIRA
 Sì pensoso, o mio prence?
 COSROVIO
                                                  Alinda! Alinda!
 Deh! Perché sei così nemica al padre?
 SEMIRA
105Chiedimi ancor, perché ami tanto il figlio?
 COSROVIO
 Con l’amor tuo mi fai felice, è vero;
 ma poi con l’odio tuo vuoi farmi iniquo.
 SEMIRA
 Qual linguaggio è cotesto?
 Sei tu Cosrovio? No. Più non conosco
110né il re in te né l’amante.
 Veggo il debole figlio.
 Veggo lo schiavo di Gianguir. Che dissi?
 Veggo quello di Zama e vedrò in breve
 di Miraca il consorte.
115Misera! A chi fidai le mie speranze?
 COSROVIO
 Bando a sì rie querele. Io mille vite
 lascerei pria che Alinda. Ma con l’armi
 vittoriose a noi Gianguir ritorna.
 Ecco a’ nostri disegni un duro inciampo.
 SEMIRA
120Ecco a la tua perfidia un vil pretesto.
 Son forse di sue genti
 le tue men numerose? O meno forti?
 Il suo stesso ritorno affretta e compie
 le gioie a noi. Lui salvo,
125vano era e nullo ogni trionfo. In lui
 Alinda ha il suo nemico.
 COSROVIO
 E in lui Cosrovio il padre.
 SEMIRA
 Questo nome di figlio or nel tuo core
 tiene più di poter che quel di amante.
130Tal non era poc’anzi. Io più non parlo.
 Va’. Servi il tuo tiranno.
 La tua nascita obblia. Sprezza il mio acquisto.
 Far saprò senza te quella vendetta
 che mi giurasti. A tutti
135non sarò così abbietta. Asaf istesso
 avrà forse più ardir per meritarmi,
 come ha quello di amarmi. Egli in sua sposa...
 COSROVIO
 E questo ancor? Vi estinguo,
 ultimi avanzi di pietà infelice.
140Perdonami. Qualunque
 sia ’l mio destin, l’amante in me vedrai
 e me perfido e vil più non dirai.
 
 SCENA IV
 
 JASINGO e i suddetti
 
 JASINGO
 Per cenno del sultan, prence, a te vengo.
 COSROVIO
 Che vuol l’ingiusto padre?
 JASINGO
145Che tu in finta tenzon renda più illustre
 col fior de’ tuoi più fidi il suo trionfo.
 Questo il campo ne fia.
 COSROVIO
                                             Basta che giunga
 un suo voler, perché sia nuova offesa.
 JASINGO
 Ma che dirai nel rimirarti a fronte
150il fratello di Zama?
 COSROVIO
 Asaf? A me tal onta?
 Punirò pria l’indegno; e sotto gli occhi...
 SEMIRA
 No, mio Cosrovio. T’amo
 cauto, più che feroce. A te coi torti
155lascia crescer ragion. Simula e soffri.
 COSROVIO
 Simular e soffrir non è da forte.
 SEMIRA
 E da forte e da saggio. A l’uopo intanto
 pronte sien le tue schiere.
 JASINGO
                                                  E quelle in breve
 di Cambaia e Sorate a te verranno,
160non vil rinforzo.
 COSROVIO
                                Ed opportuno. Alinda,
 parto né d’esser chieggo
 de’ tuoi natali e de’ tuoi casi a parte.
 Tu vuoi farne un mistero a la mia fede.
 SEMIRA
 Ed un merito ancor; ma quando in guerra
165tu sia col mio tiranno,
 saprai mio regio sangue e mia giust’ira.
 COSROVIO
 Mi acheto. Amami e credi
 che, senza l’amor tuo, braccio rubello,
 né per disio di regno
170né per vendetta degli oltraggi miei,
 contra un padre ed un re non alzerei.
 
    Non sarei nemico al padre,
 se di te non fossi amante.
 
    Mia ragione è ’l tuo furore;
175e se reo mi fa il tuo core,
 mi discolpa il tuo sembiante.
 
 SCENA V
 
 SEMIRA e JASINGO
 
 SEMIRA
 Quanto è credulo un cor, quando ben ama!
 JASINGO
 Che? Tradirlo potresti e non amarlo?
 SEMIRA
 Semira amarlo? Amar, Jasingo, in lui
180di Akebar il nipote?
 Il figlio di Gianguir?
 JASINGO
                                         Ei non ha colpa
 ne’ mali tuoi.
 SEMIRA
                            Padre, fratelli e regno
 gli empi mi han tolto. Tutto
 mi è nemico il lor sangue; e in mia vendetta
185l’armi del sesso adopro, arti e lusinghe.
 Con queste io fiamma accendo
 più che civile. Ad occhio asciutto e fermo
 vedrò stragi e ruine; e se fra queste
 vorran ch’io resti oppressa astri infelici,
190mi fia dolce il perir co’ miei nemici.
 JASINGO
 Ma se trafitto, esangue,
 ti vedessi spirar Cosrovio al piede?
 SEMIRA
 Crudel!
 JASINGO
                  Con quel sospiro,
 che vuoi dirmi? Ah! Regina,
195tal si crede nemico e pena amante.
 SEMIRA
 Che posso dir, Jasingo? E qual celarmi
 posso a te, da’ prim’anni e mio custode
 e mia guida? Amo il prence; e quando penso
 i rischi, a cui l’espongo, odio il mio sdegno.
200Ma non importa. Amore
 ceda. Vinca il dover. Voglio esser prezzo
 di una giusta vendetta. Il forte amante
 o mi meriti o cada; e poi, quand’altro...
 JASINGO
 Taci . Ecco Asaf.
 SEMIRA
                                L’altero. Ei si lusinghi.
 
 SCENA VI
 
 ASAF e i suddetti
 
 ASAF
205Alinda, è questo il campo, ove in cimento
 non sanguinoso a fronte
 due rivali vedrai. Per qual di loro
 pugneranno i tuoi voti?
 SEMIRA
                                              Il più gran bene,
 che mi lasciaro iniqui fati avversi,
210egli è un libero cor. Cauta il difendo
 e facile nol cedo.
 ASAF
 Oh fosse ver! L’indifferenza istessa
 per me un bene saria. Ma orecchio avvezzo
 i sospiri ad udir di regio amante
215mal si piega a soffrir quei di vassallo.
 SEMIRA
 Vassallo Asaf? Eh! Vanti
 chi regna sul suo re titol più illustre.
 JASINGO
 (Come il lusinga ove più fasto il punge!)
 ASAF
 Dal sovrano favor gloria a me viene.
 SEMIRA
220Usa di tua fortuna; e ne avrai gioia.
 ASAF
 Beltà, che s’ami, esser dovria conquista
 d’amor, non di comando.
 SEMIRA
 Non sempre il più guardingo è ’l più felice.
 ASAF
 Intendo, Alinda, intendo.
225Da un sultano rival tu vuoi che scudo
 autorità ne sia di regio ammanto.
 Facciasi. Udrai fra poco
 pronube faci e talami reali;
 né più Asaf in amore avrà rivali.
 
230   Sarò solo
 in amarti, in adorarti;
 e farà la mia grandezza
 sbigottir rivali amori.
 
    Ma il poter di tua bellezza
235ti fa degna, idolo mio,
 di regnar su tutti i cori.
 
 SCENA VII
 
 SEMIRA e JASINGO
 
 JASINGO
 Che facesti, o Semira?
 Tu di Miraca o d’altra sposa in seno
 voler Cosrovio? E l’ami?
 SEMIRA
                                               Esca il comando
240sdegni più ardenti a provocar nel figlio.
 JASINGO
 E se atterrito o soprafatto ei cede?
 SEMIRA
 Conosco il mio poter. So la sua fede.
 JASINGO
 Può forzarlo a ubbidir...
 SEMIRA
                                              Taci. Non sai...
 
    No, che non sai quell’alma
245quanto sia fida e forte
 e quanto bella in lei la fedeltà.
 
    Ella è qual nobil palma,
 cui di piegar se tenti
 l’eccelse altere cime,
250più ferma e più sublime
 alor le innalzerà.
 
 SCENA VIII
 
 JASINGO
 
 JASINGO
 Rivolge in suo furor la mia regina
 feroci alte vendette. Oh! Piaccia al cielo
 che a Cosrovio ed a lei non sien ruina. (Preceduta dal suono di vari barbari istrumenti, si avanza dal fondo della scena verso l’anfiteatro magnifica trionfal macchina, sostenuta da un elefante, tutto guernito di ricchi arnesi e cimieri e guidato da un indiano che sopra vi siede. Nell’alto della macchina siedono Gianguir e Zama con più rajas o sia re lor vassalli. Precedono e seguono il carro le soldatesche del Mogol con le loro armi e bandiere, avendo alla testa Mahobet lor generale e non molto lontano Cosrovio e Asaf. Nel mezzo alle soldatesche e dinanzi alla macchina stanno molti schiavi persiani con catene d’oro al collo ed ai piedi)
 
 SCENA IX
 
 GIANGUIR, ZAMA, COSROVIO, MAHOBET, ASAF, JASINGO, coro di soldati e di popoli
 
 CORO
 
255   Viva il fulmine di guerra,
 de la Persia il domator.
 
    Ne’ suoi cardini sotterra
 tremi e scuotasi la terra,
 sotto il piè trionfator. (Giunta la macchina verso la metà de l’anfiteatro, si ferma e Gianguir parla dall’alto)
 
 GIANGUIR
260La vittoria e la pace
 ecco al mio carro avvinte,
 popolo mio fedel. La Persia al piede
 mi gittò le sue palme e pose l’armi.
 Non abbiam più nemici o gli abbiam solo,
265deh! sia vano il rumor, ne’ miei più cari.
 Oggi al giubilo. Tutto
 godasi nel trionfo e nel piacere
 de la vittoria e de la pace il frutto.
 CORO
 
    Viva il fulmine di guerra,
270de la Persia il domator. (Gianguir e Zama cominciano a scendere dal loro seggio, il che pur fan gli altri che stanno sopra la macchina)
 
 ZAMA
 
    Dal suo cocchio a voi discende
 l’indo sol di luce adorno.
 
 GIANGUIR
 
    Ma in quegli occhi a me risplende,
 vaga sposa, un più bel giorno.
 
 MAHOBET
 
275   A terra, a terra,
 turba cattiva.
 
 CORO
 
    Viva il fulmine di guerra,
 viva, viva. (Gli schiavi persiani gittansi boccone a terra e sopra di essi Gianguir e Zama si avanzano)
 
 ZAMA
 Mio re, quegl’infelici un dì sì lieto
280non funestino più coi lor sospiri.
 Rendi lor libertà, due volte vinti,
 già dal tuo ferro ed or dal tuo perdono.
 GIANGUIR
 Grazia chiedi in mia gloria. A te li dono. (Gli schiavi si levano e vengono lor levate le catene)
 Cosrovio, Asaf, omai s’adempia il cenno.
 ASAF
285Rompo gl’indugi; e al grande onor mi affretto. (Parte)
 COSROVIO
 (Arder d’ira mi sento e di dispetto). (Parte. Gianguir e Zama vanno a sedere sul trono. Fanno lo stesso tutti gli altri, occupando all’intorno dall’alto al basso l’anfiteatro, lasciandone libero il campo. La macchina tirata all’indietro si ferma su l’entrata d’esso, servendone come di ornamento. Mahobet e Jasingo siedono a’ piè del trono)
 JASINGO
 Parte Cosrovio minaccioso e torvo. (A Mahobet)
 MAHOBET
 Temo, Jasingo, anch’io l’alma feroce.
 GIANGUIR
 Miglior qual dopo l’ombre e le procelle
290vien la calma e ’l sereno,
 così ad orrida guerra altra a’ vostr’occhi
 ne succeda gioconda; e da la mente
 l’idee cancelli del timor passato
 la dilettevol pugna.
 MAHOBET
295Facciasi omai. Date, oricalchi, il segno. (Suonano gl’instrumenti militari. In questo si aprono le due porte laterali dell’anfiteatro, dalle quali escono Cosrovio ed Asaf, seguiti dalla loro squadriglia; e tutti con vaga ordinanza si avanzano verso il trono e piegate in atto di riverenza le loro armi ed insegne, vanno a prendere il loro posto. Ma i due capi quivi si fermeranno a ricever dal sultano gli ordini del combattimento)
 GIANGUIR
 Prodi, da un falso ancora
 simulacro di guerra
 si ha vera lode. Il campo
 emuli vi cimenti e non nemici.
300Saria colpa e avria pena
 la trasgredita legge. Armi innocenti
 trattinsi. Al fianco appesa
 sia di fregio la spada e non di offesa. (Cosrovio e Asaf, fatta anch’essi la dovuta riverenza a Gianguir, piegando le loro armi, vanno a fermarsi l’uno a fronte dell’altro nel mezzo del campo)
 COSROVIO
 Asaf, a ragion vai lieto e superbo
305con tal nemico a fronte.
 ASAF
 Se il real genitore...
 COSROVIO
 (E ’l soffro?) Su, a la pugna,
 ove fin dal trionfo avrò rossore. (Siegue l’abbattimento, primieramente con mazza e scudo, senza che alcuna parte prevalga, quindi il secondo con arme corte che ciascuno teneva ascose dietro lo scudo, ove dopo qualche resistenza vedesi avere il vantaggio la squadriglia di Asaf. Per ultimo quei di Cosrovio con l’esempio del loro capo, dan di mano alla sciabla e incalzano gli avversari, i quali retrocedendo e impugnando anch’essi la loro, pian piano si ritirano fuori dell’anfiteatro per l’una e l’altra delle due porte, incalzati e inseguiti dagli altri)
 GIANGUIR
 Soldati, olà. Sì temerario un figlio? (Levandosi e scendendo dal trono. Lo stesso fanno tutti gli altri, calando a basso dall’anfiteatro. Mahobet, per impedire un maggior disordine, va frettoloso per dove uscir vide Cosrovio)
 ZAMA
310Il germano è in periglio.
 GIANGUIR
 Fino sugli occhi miei? Quest’atto è prova
 de’ miei sospetti e de’ suoi rei disegni.
 JASINGO
 (Ben lo previdi. Or che dirà Semira?) (Parte)
 ZAMA
 Asaf... O dio! (Mahobet ritorna)
 MAHOBET
                            Lunge il timor. Sì tosto
315che del campo sortì, riposte ha l’armi
 il prence. Asaf è salvo.
 GIANGUIR
                                           E ’l re oltraggiato;
 ma non son re, se resto invendicato.
 
    Punito o pentito
 del grave suo fallo,
320vedrà quell’altero
 chi è figlio e vassallo,
 chi giudice e re.
 
    Offeso è ’l rispetto,
 negletto l’impero.
325Colpevole figlio
 più figlio non è.
 
 Fine dell’atto primo